A Torino il primo negozio con prodotti realizzati nei penitenziari. C'è anche il vino protagonista da anni del #madeinCarcere
Vino. Ci siamo voluti un po’ divertire con il titolo. Galeotto e Vale la pena sono infatti i nomi di due etichette prodotte dai detenuti di due diversi penitenziari. Due nomi per una pluralità di esperienze che, da pionieristiche, sono diventate realtà sempre più importanti. Il potere riabilitativo del vino, se così possiamo definirlo, ha dato la sua ennesima prova. Dalla prima esperienza nel 2003 a Velletri ad oggi sono sempre più i penitenziari da cui escono ottimi vini. Grazie, soprattutto, a imprenditori lungimiranti che così come hanno saputo fare delle loro aziende dei baluardi del vino #MadeinItaly, sono riusciti nell’impresa di dimostrare che sì, la detenzione può essere l’inizio di una nuova vita.
Vita e vite insomma. Dalla terra ai corsi da sommelier. E ora anche uno showroom aperto tutto l’anno. E’ questa l’enologia #MadeinCarcere.
Vino: a Torino il negozio la Freed Home di 45 istituti di pena.
Potremmo considerarlo un primo traguardo più che un punto d’arrivo. Il traguardo della visibilità. Se è vero che la produzione del vino è un baluardo nella riabilitazione carceraria, è altrettanto vero che negli istituti i detenuti lavorano ogni giorno. Lo fanno per imparare un mestiere e trovare lavoro una volta fuori dalle loro celle, ma anche per pagare parte delle spese della loro detenzione. E’ la legge, dirà qualcuno. Sì è la legge. La riabilitazione prevede il lavoro. Ma è bello sapere che in Italia la questione si affronta con serietà.
Ecco che allora le 13 realtà d’impresa fatte di cooperative e associazioni grazie alle quali i detenuti di 45 penitenziari realizzano prodotti di alta qualità, hanno un loro negozio. E’ la Freed Home – Creativi Dentro di Torino che ospita tra i suoi scaffali Brutti e Buoni, Dolci Evasioni, Farina nel sacco, Sprigioniamo Sapori, Cibo Agricolo LIbero, Dolci in Libertà e, appunto, il vino Vale la pena. A lavoro ci saranno quattro detenuti e due agenti con funzione di sorveglianza. Un’iniziativa che arriva sì non lontano dal Natale, ma che non ha nulla del classico buonismo. Il negozio sarà aperto tutto l’anno e tutto l’anno si potranno acquistare i prodotti in vendita. Accompagnando magari un buon vino con i prodotti della Banda Biscotti.
Vino: dal 2003 c’è un Fuggiasco a Velletri che ha eluso Le sette mandate della sua cella.
Tredici anni. Non sono pochi. Tutto è iniziato da qui. Dal Carcere di Velletri. Le tre etichette prodotte, Quarto di Luna, Fuggiasco e Le sette mandate, hanno decisamente superato i confini carcerari. Queste, infatti, nel 2004 sono finite sugli scaffali dei negozi Coop di Lazio e Campania. A metter su l’azienda con i detenuti è stata la Piccola Società Cooperativa Lazzaria che ha fatto sì che i locali della cantina fossero proprio all’interno del penitenziario, di fronte ad un appezzamento di terreno dove sono ospitate anche piante d’olivo.
Ecco che allora, negli anni, questo piccolo pezzo di terra è diventato un vero e proprio mondo. Un mondo fatto di riscoperta di sé, di voglia di imparare e di cambiare. Oltre al vino i detenuti hanno iniziato a produrre olio e, nel tempo, anche ottime marmellate. Che dire. Un microcosmo che da valore e dignità anche a chi, giustamente, sta scontando la sua pena.
Vino: dal 2007 in Irpinia il Galetto sta al “Fresco in cantina”.
Correva l’anno 2007. Un gruppo di giovani neolaureati invece di portare il loro cervello oltreconfine hanno deciso di confinarlo. Tra le quattro mura di un penitenziario. Non è lo spazio a garantirti la libertà, ma il pensiero. Mai fu così vero. E’ iniziata così l’avventura dell’associazione “Il Germoglio” che con i detenuti di Sant’Angelo dei Lombardi hanno dato vita alla Fattoria Sociale “Fresco in cantina”.
Siamo in Irpinia. Un’esperienza, quella della casa circondariale, che nel tempo si è trasformata in una bella realtà. Tanto che il vino prodotto, il Galetoto appunto, è stato donato a molti personaggi politici italiani dai detenuti. E’ finito all’Expo, ma, soprattutto, è stato personalmente consegnato dai carcerati che lo producono a Papa Francesco che, con loro, si è a lungo intrattenuto in un incontro a porte chiuse che non dimenticheranno.
Vino: dal 2011 ad Alba Vale la pena produrre vino.
E’ un vero e proprio simbolo questo vino. In un certo senso, se fossimo davanti ad una Carta dei Vini, certamente quello più noto. Non solo. Da poco sicuramente anche il più pregiato. Di questo vino, prodotto nella Casa di Reclusione Giuseppe Montaldo di Alba, esiste anche la versione magnum. Sono circa 1.400 le bottiglie prodotte ogni anno. Alla loro produzione prendono parte 15 detenuti. Col tempo il processo si è affinato ed ora, da qui, esce anche un vino fermentato in barrique. Bottiglie, che tra l’altro, viaggiano anche verso l’estero. Cose per cui, in effetti, Vale la pena!
Vino: la scelta di Frescobaldi…da cinque anni dietro le sbarre.
E’ forse una delle aziende vitivinicole più importanti al mondo. Certamente tra le più importanti in Italia. Parliamo della toscanissima Frescobaldi. Era il 2011 quando avviò il suo prodotto nel carcere di Gorgona. L’ultimo carcere isolano d’Italia. Alla seconda vendemmia fu il cantante Andrea Bocelli a firmare l’etichetta. Siamo giunti alla quinta vendemmia per questa bella realtà che produce sia bottiglie classiche che magnum. Nel 2013 se ne contavano 2.500 e anche in questo caso la destinazione non è solo per le enoteche italiane. Un’esperienza raccontata benissimo nell’approfondimento di Pierpalo De Mejo (vedi video).
Sembra proprio che l’azienda Frescobaldi abbia preso a cuore il progetto visti anche gli ottimi risultati, umani in primis, raggiunti. Ecco perché a breve potrebbe replicare l’esperienza a Pianosa con altri 30 euro di vigneto. Lì il carcere è chiuso dal 2011, ma portare i detenuti a lavorare non è il problema. Prima di partire bisogna sciogliere il nodo delle competenze, ma né l’azienda né la Regione sono disposti a rinunciare. Insomma, questo vino s’adda fare!
Vino: anche Taranto apre le porte delle sue vigne ai detenuti.
Il progetto è appena stato avviato quindi prima di poter sorseggiare e ancor più scoprire il nome del nuovo vino che arriverà dalla Puglia ci sarà da aspettare. Quel che è certo, però, che così come avvenuto in Toscana con Frescobaldi, anche in Puglia è una nota azienda vitivinicola ad aver avviato il progetto. Parliamo delle Cantine San Marzano. Cinque i vitigni che si spera di far vinificare con il supporto dei detenuti di Taranto: Negroamaro spargolo, Malaca, Bombina, Montepulciano nostrano e Moscato giallo.
In attesa di lavorare la terra i carcerati inizieranno il loro percorso con dei corsi sulle pratiche agricole tradizionali. Solo dopo aver appreso le tecniche di coltivazione avranno i loro due ettari di terreno da lavorare e far produrre.
Vino: a Lecce, intanto, si preparano i sommelier. Mentre a Sciacca si impara a gestire l’attività turistica.
Eh sì. Produrre vino va bene. Ma la filiera è complessa. Ecco che allora, a Lecce, è da poco partito il primo corso per sommelier per detenuti! Tra gli insegnanti anche agenti penitenziari che coltivano questa passione. A chi è venuta l’idea? Anche stavolta ad un’imprenditore lungimirante. O meglio ad un’altra grande azienda italiana: Feudi di Guagnano.
Tutti a scuola di coltivazione della vita, tecniche di degustazione, storia dei vitigni pugliesi e conservazione del vino. Si andrà avanti fino a dicembre. Poi la festa e la consegna degli attestati. Attestati già ricevuti in primavera dai detenuti siciliani del carcere di Sciacca. Per loro un vero e proprio corso di enogastronomia di secondo livello. I detenuti hanno imparato a cucinare, preparare una tavola e accogliere i turisti.
I produttori ci sono, i sommelier ci saranno presto, gli chef si stanno perfezionando..chissà che alla fine non apra anche un ristorante circondariale. E siamo certi, alla cassa non si faranno sconti!
Crediti fotografici: la foto delle cantine san Marzano è stata presa dal sito dell’azienda.
Copertina: Antonio Cinotti Flickr CC